Un Caffè con… Emanuela Gatto

Nuovo appuntamento lunedì 23 novembre con i caffè virtuali sulla sostenibilità. Ospite della giornata la Prof.ssa Emanuela Gatto, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche per il Corso di laurea in Scienze dei Materiali.

A condurre l’intervista l’Arch. Maria Luigia Fiorentino, Environmental Design PhD dell’Ufficio per lo Sviluppo Sostenibile.

La sua attività di ricerca non è un lavoro, ma una vera e propria missione come dimostrano i tanti premi e riconoscimenti da Lei ricevuti. Ne cito alcuni.

Il premio Start Cup Lazio del 2018 per SPlastica, lo spin-off di cui parleremo oggi; il Premio Nazionale per l’Innovazione 2018 con menzione speciale per le “Pari Opportunità”; lei stessa è stata invitata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a partecipare alla Festa della Repubblica 2019 come giovane ricercatrice che si è distinta nel campo della Scienza e della Tecnologia, e il recente premio 2020 di Unindustria “Unirsi per l’Impresa” dove SPlastica ha vinto la V Edizione. Ci può dire di più.

Vi ringrazio per l’introduzione, più che di una missione io direi una vera e propria passione. Qualcuno diceva: “Fai il lavoro che ti piace e non lavorerai neppure un giorno della tua vita”, per me è proprio così.

Il nostro lavoro è una vera e propria passione che coinvolge da sempre lo studio di biopolimeri naturali, ovvero da sempre nei nostri laboratori ci occupiamo di biomolecole che si trovano naturalmente nell’ambiente per la realizzazione di materiali sostenibili.

Nel corso degli anni inoltre, abbiamo realizzato delle celle solari mimando un po’ quello che avviene nella fotosintesi clorofilliana: tutti gli scienziati vogliono mimare quello che avviene in natura perché la natura ha già ottimizzato tutti i processi e di conseguenza gli scienziati traggono ispirazione da essa.

Nel corso degli anni abbiamo realizzato delle celle solari mimando un po’ quello che avviene nella fotosintesi clorofilliana: tutti gli scienziati vogliono mimare quello che avviene in natura perché la natura ha già ottimizzato tutti i processi e di conseguenza gli scienziati traggono ispirazione dalla natura.

Quello che abbiamo fatto noi ad esempio, in collaborazione con il Polo Solare Organico della Regione Lazio e con il Prof. Aldo Di Carlo, è stato utilizzare biomolecole simili a quelle che si trovano all’interno della foglia, che è la responsabile della fotosintesi clorofilliana, ed inserirle all’interno di una cella solare di nuova generazione, al fine di realizzare un vero e proprio dispositivo bio (1).

Un altro nostro studio ha riguardato dei sensori per la rilevazione di biomarcatori tumorali: mediante un progetto per giovani ricercatori, di cui io ero il responsabile, abbiamo realizzato dei sensori che permettevano di determinare la concentrazione di queste biomolecole nel sangue.

Un biomarcatore tumorale è una molecola che viene sovraespressa nel sangue nel momento in cui è presente questa determinata patologia, di conseguenza i livelli nel sangue ne risultano alterati. In questo modo si possono attuare dei processi di screening che non sono invasivi, perché basta semplicemente un prelievo di sangue, per riuscire a ricavare la concentrazione di tali molecole e far sorgere un campanello d’allarme alla persona che ne presenta dei valori elevati.

Negli ultimi anni invece, poiché abbiamo tantissima attenzione verso l’ambiente, abbiamo focalizzato i nostri studi sulle bioplastiche, utilizzando i biopolimeri naturali.

Il problema della plastica è un problema rilevante, perché la plastica, che è un materiale meraviglioso ed è valso anche il premio Nobel al nostro chimico italiano Giulio Natta, è un materiale che purtroppo stiamo usando male.

La plastica presenta delle caratteristiche eccellenti, ma purtroppo impiega millenni per decomporsi. Di conseguenza se noi la utilizziamo in maniera usa e getta, ne provochiamo un accumulo nell’ambiente. Infatti, ogni anno, circa 290 milioni di tonnellate di rifiuti da plastica vengono prodotti dall’uomo proprio perché molta della plastica prodotta riguarda oggetti monouso.

Da qui nasce la missione, ovvero come mamma e come scienziata mi sentivo di provare a fare qualcosa per risolvere questo problema.

Ci può spiegare la differenza tra plastica e bioplastica?

La plastica è costituita da polimeri, che sono delle molecole ad alto peso molecolare formate da unità monomeriche che si ripetono.

Faccio un esempio pratico. Possiamo rappresentare i polimeri come una collana e ogni perlina della collana rappresenta un’unità monomerica: l’unione di queste perline dà luogo alla macro molecola.

Nel caso della plastica di sintesi, si utilizzano dei monomeri che sono di origine sintetica e vengono ottenuti a partire dai derivati del petrolio e non sono biodegradabili, invece nel caso delle bioplastiche spesso si utilizzano dei biopolimeri che sono dei polimeri naturali, come le proteine e i polisaccaridi, per realizzare gli stessi materiali.

Per quanto riguarda la definizione di bioplastica, però, va fatta una puntualizzazione.

Secondo la definizione data dalla European Bioplastics Association, la bioplastica è un tipo di plastica che o deriva da materie prime rinnovabili oppure è biodegradabile oppure che presenta entrambe le caratteristiche.

Questo vuol dire che ci sono delle bioplastiche che derivano da materie prime rinnovabili, che però non sono biodegradabili.

Noi siamo sempre portati a pensare che la bioplastica sia una plastica biodegradabile, invece secondo questa definizione ci sono delle molecole che dal punto di vista chimico sono identiche alla plastica di sintesi.

Ad esempio, il polietilene verde, dal punto di vista chimico è identico al polietilene di sintesi, però può essere definito come una bioplastica perché viene sintetizzato a partire da fonti vegetali, che sono delle materie prime rinnovabili, non sono cioè delle fonti fossili.

In questo caso il polietilene può essere definito bioplastica anche se non è biodegradabile.

A questo proposito Assobioplastiche, l’associazione delle bioplastiche italiane, definisce invece come bioplastiche solo quelle plastiche che siano biodegradabili e compostabili, quindi tende a definire le bioplastiche tipo il polietilene verde come delle plastiche vegetali.

Per cui quando andiamo ad acquistare dei materiali che vengono definiti come delle bioplastiche non dobbiamo dare per scontato che siano biodegradabili, perché potrebbero non esserlo. Generalmente però, quando i materiali sono biodegradabili e compostabili, ci sono delle etichette che lo indicano.

Dalle sue ricerche sulle bioplastiche nasce la start up di ateneo SPlastica, di cosa vi occupate?

SPlastica è una start up innovativa ed uno spin-off dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

L’idea di SPlastica è quella di partire da scarti organici per realizzare dei materiali che siano biodegradabili e compostabili, quindi le bioplastiche che realizziamo noi sono biodegradabili e compostabili.

Vorrei sottolineare che oltre all’accumulo di plastica nell’ambiente, c’è un altro problema di cui si parla poco: ogni anno nel mondo 1,3 miliardi di alimenti vengono gettati come rifiuti. Da questo grande spreco di cibo, abbiamo avuto l’idea di utilizzare gli scarti alimentari come materia prima per realizzare dei nuovi prodotti biodegradabili, ovvero delle bioplastiche.

Poiché ci ispiriamo sempre alla natura, noi estraiamo da questi scarti alimentari i biopolimeri naturali, che sono i mattoncini molecolari che poi ci servono per costruire i nostri materiali.

Dai biopolimeri realizziamo delle bioplastiche, che al termine del ciclo di vita possono essere gettate in una compostiera casalinga: qui in breve tempo si trasformano in compost, un terriccio che può essere utilizzato come fertilizzante per il terreno. Questo rientra perfettamente nei principi di economia circolare, ci permette di dare un valore agli scarti da cui ottenere dei materiali che sono sostenibili.

Sappiamo che il primo prodotto su cui avete focalizzato la vostra attenzione è stato lo scarto del latte scaduto, SP-Milk giusto?

Si corretto, si tratta del latte non più edibile. Purtroppo i numeri del latte sono molto alti in Italia e spesso le aziende si trovano con una grande quantità di latte che costituisce un rifiuto da smaltire. Abbiamo cercato di sintetizzare questo nuovo materiale ottimizzando le condizioni di temperatura, cioè lavorando a temperature non troppo alte, abbiamo evitato l’utilizzo di solventi organici e limitato l’uso di acqua, al fine di avere una sintesi sostenibile dal punto di vista ambientale.

Lo scopo è stato quello di realizzare delle buste organiche?

In realtà abbiamo realizzato diversi tipi di prodotti. Questa bioplastica è dura, quindi ci siamo indirizzati su materiali come le palette per il caffè, i tappi di bottiglia oppure abbiamo realizzato dei gadget, come voi ben sapete.

Infatti ho qui pronto il portachiavi di SPlastica da mostrare a chi ci segue. È un portachiavi a forma di foglia, prodotto dal vostro laboratorio per il nostro ufficio. Lo abbiamo distribuito come gadget durante l’evento in collaborazione con l’Orto Botanico di Tor Vergata “Caccia la CO2”, l’unico nostro evento in presenza, causa Covid-19, durante il Festival dello Sviluppo Sostenibile.

Il portachiavi è biodegradabile e compostabile: in soli tre mesi se posto in una compostiera organica si trasforma in compost. Questo avviene anche a temperatura ambiente, mentre molti prodotti presenti in commercio non sono compostabili in condizione di temperatura ambiente.

All’interno del portachiavi abbiamo inserito dei semi per far sì che al termine del ciclo di vita, quando si rompe il portachiavi o quando si è stanchi di usarlo, è possibile metterlo nel terreno e da lì far nascere delle nuove forme di vita.

Su cosa vi state concentrando in questo momento, su quali altri prodotti sta investendo la vostra ricerca?

Stiamo investendo molto sui prodotti di bioplastica monouso perché ci sarà una normativa, a partire dall’anno prossimo, che vieterà la vendita e l’utilizzo dei dieci oggetti di plastica monouso ritrovati maggiormente sulle spiagge. Di conseguenza, stiamo realizzando i tappi di bottiglia e delle stoviglie sostenibili che possano essere biodegradabili.

Il vantaggio è che questi materiali sono resistenti anche all’alta temperatura: ci sono invece delle bioplastiche presenti attualmente in commercio che in condizione di alta temperatura tendono a sciogliersi.

Abbiamo pensato anche allo studio di palette per il caffè biodegradabili, perchè la paletta per il caffè viene utilizzata solo pochi secondi per girare il caffè e gettata. Quelle in plastica impiegano millenni per decomporsi, quindi l’idea di un prodotto stabile a contatto con bevande calde ci interessa molto.

Purtroppo, però, ci troviamo a vivere all’epoca del Covid-19, dove l’utilizzo di dispositivi monouso è fondamentale per difendersi dal virus. Questo mette di nuovo in risalto l’importanza della plastica, anche in questo caso però ne stiamo accumulando tantissima nel nostro ambiente.

Noi stiamo cercando di lavorare in laboratorio per ottenere dei guanti e delle mascherine che possano avere le caratteristiche di biodegradabilità, che purtroppo al momento le mascherine non presentano.

Quale suggerimento possiamo dare per uno stile di vita più sostenibile in questa situazione?

Per quanto riguarda il Covid-19, cercare di limitare l’utilizzo di guanti perché comunque è stato dimostrato che anche lavare bene le mani, o comunque disinfettarle con i gel igienizzanti, ci preserva dal contrarre il virus. Di conseguenza, quando possibile, evitare l’utilizzo dei guanti.

Per le mascherine invece no, vanno indossate per cui al momento non abbiamo alternative.

Per quanto riguarda invece qualche consiglio sull’utilizzo della plastica in generale, vorrei suggerire una prova che ho testato per prima io stessa: fare attenzione a limitare l’uso del volume di plastica.

Noi ci troviamo per fortuna a fare la raccolta differenziata. Quando arriva il momento della raccolta di plastica, il nostro sacco è sempre molto pieno e ci rendiamo conto di utilizzare, ogni settimana, tantissima plastica.

Io l’ho provato sulla mia persona: quando si va a fare la spesa cerchiamo di preferire quegli alimenti che sono posti all’interno di imballaggi più sostenibili, oppure far caso a tutte le situazioni in cui gli imballaggi sono superflui. Cerchiamo di acquistare i detersivi alla spina. Il volume prodotto settimanalmente, si ridurrà drasticamente.

Per l’acqua, cercare di riempire le borracce presso distributori di acqua potabile, laddove possibile.

Adesso, purtroppo, a causa del Covid-19 a Tor Vergata non le possiamo usare, però sicuramente, preferire acqua fresca del rubinetto, se potabile, anziché ricorrere all’acqua in bottiglie di plastica.

Noi riteniamo che quello che facciamo individualmente è sempre troppo poco, ma è la somma di tante piccole gocce che forma il mare, se ciascuno di noi facesse più attenzione, la situazione cambierebbe notevolmente.

In chiusura voleva dedicare un pensiero a qualcuno…

È venuto a mancare la scorsa settimana il Professor Basilio Pispisa, che è stato uno dei capi fondatori del nostro gruppo di ricerca di Chimica Fisica di Tor Vergata. Il professor Pispisa è stata una persona brillante e molto rigorosa, che mi ha portato a capire in pieno i biopolimeri naturali e anche tutte le leggi chimico-fisiche che li governano e che conferiscono a queste biomolecole particolari caratteristiche.

Vorrei concludere con una citazione di Rita Levi-Montalcini: “La scelta di un giovane dipende sicuramente dalla sua inclinazione ma anche dalla fortuna di incontrare un grande maestro”.

Io ho avuto questa fortuna!


  • (1) Rif.  E. Gatto, A. Quatela, M. Caruso, R. Tagliaferro, M. De Zotti, F. Formaggio,C. Toniolo, A. Di Carlo, M. Venanzi.Mimicking the Nature: A Novel Peptide-Based Bio-Inspired Approach for Solar Energy Conversion, ChemPhysChem 2014, 15, 64-68.
  • M. Caruso, E. Gatto, A. Palleschi, P. Morales, M. Scarselli, S.  Casaluci, A. Quatela, A. Di Carlo, Mariano Venanzi. A bioinspired dye  sensitized solar cell based on a rhodamine-functionalized peptide  immobilized on nanocrystalline TiO2. Journal of Photochemistry and  Photobiology A: Chemistry 2017, 347, 227–234.
  • E. Gatto, S. Kubitzky, M. Schriever, S. Cesaroni, C. Mazzuca, M. Venanzi, M. De Zotti. Building Supramolecular DNA‐Inspired Nanowires on Gold Surface: from 2D to 3D. Angewandte Chemie 2019, 58, 7308-7312.

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