Un Caffè con… Alessio D’Amato
Lunedì 16 novembre secondo appuntamento dei “caffè virtuali di sostenibilità”: ospite il Prof. Alessio D’Amato del Dipartimento di Economia e Finanza della Facoltà di Economia.
A condurre l’intervista è la dott.ssa Emanuela Pistilli, collaboratrice dell’Ufficio per lo Sviluppo Sostenibile di Ateneo.
Economia e ambiente, oltre alla salute, sono le grandi sfide globali contemporanee. Nell’ambito della sua attività di ricerca, collabora con il Centro Interuniversitario SEEDS, all’interno del quale lei è responsabile per l’unità di “Tor Vergata”. Di cosa si occupa il SEEDS e che ruolo ha invece il nostro Ateneo nei progetti di ricerca?
Il SEEDS è un centro interuniversitario che si occupa principalmente di transizione verso lo sviluppo sostenibile con particolare attenzione alle dinamiche legate al progresso tecnico, alle analisi territoriali e alle politiche di intervento in ambito ambientale, ma anche sociale.
È composto da otto atenei al momento di cui uno appunto è “Tor Vergata”, che entra dentro SEEDS attraverso l’expertise mio e di colleghi del dipartimento: curiamo questioni che vanno dall’economia dei rifiuti alla finanza verde e alle disuguaglianze, fino al disegno più in generale delle politiche di intervento.
SEEDS sta organizzando webinar in questo periodo su diversi temi del Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente: transizione verso lo sviluppo sostenibile in Europa. I vostri studi quali complessità hanno analizzato?
Il report dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, che è uno dei fiori all’occhiello – anche se non l’unico – del lavoro di SEEDS nell’ambito delle attività dell’Agenzia e più nello specifico dello European Topic Centre on Waste and Materials in a Green Economy, in sostanza si occupa di analizzare la transizione verso lo sviluppo sostenibile con particolare attenzione sia al ruolo svolto dalla transizione tecnologica, sia a quello della transizione demografica.
Spunti interessanti vengono fuori in riferimento al ruolo della transizione demografica ed ai possibili mutamenti nelle abitudini di consumo dovuti ad esempio all’invecchiamento della popolazione, ed alle conseguenze ambientali.
Il rapporto si focalizza inoltre sulle ricadute che può avere l’evoluzione tecnologica in termini di potenziali impatti sul mercato del lavoro e s’incentra anche sulla distribuzione del reddito.
L’analisi verte anche sulle criticità legate alle risorse finanziarie atte alla transizione: è importante comprendere tali criticità perché se la pressione sulle risorse pubbliche cresce, è chiaro che il ruolo dello Stato cambia da fornitore di risorse diretto a regolatore di chi fornisce le risorse, tra cui anche il settore privato.
Ulteriore tematica del rapporto riguarda gli studenti, con lo studio dell’innovazione e delle ricadute occupazionali dei cosiddetti “green jobs”. Cosa vogliamo dire ai nostri studenti riguardo i nuovi “lavori verdi”?
I green jobs sono un tema oggetto di una attività di ricerca crescente, non solo all’interno delle attività appena citate, ma più in generale delle attività delle persone che lavorano in SEEDS.
In sostanza l’idea che sembra trasparire è che la transizione tecnologica possa fare delle “vittime”, nel senso che ci possono essere delle categorie di lavoratori potenzialmente danneggiate dal processo, e che poi si trovano ad opporsi con tutta la loro forza – dato che alla fine può diventare anche una questione di sopravvivenza – a politiche che non siano disegnate come si deve.
I green jobs hanno la caratteristica di essere, come la letteratura suggerisce, ad alta intensità in termini di capitale umano necessario. Dovendo lanciare un messaggio agli studenti, direi che questo è il momento per focalizzare i propri studi in particolare sulla transizione verde e sulla transizione verso lo sviluppo sostenibile; gli studenti di oggi hanno la “fortuna” di avere già una chiave interpretativa che considera lo sviluppo sostenibile.
Dal lato dei policy maker, ciò implica che quando si disegnano le politiche per la transizione, è necessario che si tenga conto non solo dei settori che stanno nascendo grazie alle nuove tecnologie, ma anche di quelli che potenzialmente ne sono influenzati, perché vi sono settori che potrebbero rimanere indietro e, come recita il “green deal” Europeo, non dobbiamo lasciare nessuno indietro realmente.
Un’altra grande sfida che l’Europa è chiamata ad affrontare nei prossimi anni è l’economia circolare e la gestione dei rifiuti. In particolari il SEEDS è stato coinvolto nell’analisi del commercio internazionale dei rifiuti, ci può dire di più?
Il tema dei rifiuti mi riguarda in particolar modo e tale ricerca mi ha coinvolto in prima persona.
Il rapporto sul commercio internazionale dei rifiuti di plastica ha mostrato come ci sia una crescente attenzione da parte dei paesi che una volta erano i principali importatori dei nostri rifiuti, verso la qualità dei rifiuti stessi.
Ci sono situazioni estreme come quella della Cina, che di fatto da inizio 2018 ha proibito qualsiasi importazione di rifiuti plastici, tra le altre cose, anche dall’Unione Europea. Questo ha avuto come conseguenza il fatto che abbiamo perso un possibile sbocco per i rifiuti e chiaramente ora si intensificano le sfide legate alla loro gestione in quanto problema essenziale nell’ambito dell’economia circolare.
Sostanzialmente la sfida principale è dovuta al fatto che mentre per alcuni tipi di performance come il riciclo e l’efficienza nell’uso delle materie prime stiamo migliorando e continuiamo un trend di miglioramento che già c’è da un po’ di tempo, continuiamo d’altra parte ad aumentare la produzione di rifiuti, anche nell’Unione Europea.
Questo significa che oltre al problema legato al fatto che abbiamo perso un grande sbocco per alcuni tipi di rifiuti, noi dobbiamo – seguendo quello che viene fuori anche dal rapporto citato – cercare d’intensificare i nostri sforzi in termini di riduzione dei rifiuti, perché è la principale porta d’entrata per la transizione verso l’economia circolare.
Ha citato appunto l’economia circolare: lei si è occupato anche delle politiche di intervento nel promuovere l’innovazione in questo settore.
Lo studio più recente è del 2020 ed è stato realizzato con i colleghi dell’Università di Padova Giulio Cainelli e dell’Università di Ferrara Massimiliano Mazzanti.
Quello che rileviamo utilizzando i dati della Community Innovation Survey – che è un questionario rivolto alle imprese su cosa guida le loro scelte di innovazione e in che modo si realizzano a livello Europeo – è che le politiche di intervento nel recente passato sono state molto efficaci nel guidare innovazioni dentro l’impresa ed innovazioni di prodotto con riferimento al riciclo, ma lo sono state molto meno nel promuovere innovazione all’interno dell’impresa che riducesse il consumo di materie prime.
Questo conferma che dal punto di vista della riduzione dei rifiuti, che è in cima alla cosiddetta gerarchia delle modalità di gestione dei rifiuti dell’Unione Europea, c’è ancora lavoro da fare.
In merito a studi che sta conducendo esclusivamente a “Tor Vergata”, vi è un suo esperimento su etichette di scadenza e rifiuti da cibo.
È un lavoro di ricerca che mi ha divertito molto. L’esperimento lo abbiamo già fatto: i risultati sono consultabili in versione working paper, è stato presentato a diverse conferenze e speriamo di pubblicarlo.
Nasce sulla base di una survey di Eurobarometro da cui emerge come i cittadini europei in diversi paesi, non abbiano un’adeguata comprensione delle etichette di scadenza. In particolare buttano via cibo dopo che è stata superata la data di un’etichetta del tipo “da consumare preferibilmente entro”.
Con questo tipo di etichetta il cibo non va eliminato ma andrebbe valutato volta per volta, difatti l’etichetta non richiede di buttarlo. Per questo è partito un esperimento per capire la comprensione delle etichette di scadenza e soprattutto capire cosa si potesse fare.
Quello che è stato fatto in un contesto realistico di un supermercato nella città di Heidelberg, grazie anche al supporto dei fondi Mission Sustainability dell’Ateneo “Tor Vergata”, è stato esaminare quale fosse la valutazione dei consumatori su un particolare tipo di cibo adatto a questo esperimento, ovvero le uova, e come poter orientare questa valutazione.
È venuto fuori che migliorando l’informazione dei consumatori sulle etichette di scadenza, si ottiene come principale effetto un aumento dei rifiuti quando l’etichetta di scadenza richiede di buttare via il cibo dopo la scadenza. Scarsa efficacia si ha invece, almeno dal nostro studio, per quanto riguarda la riduzione di rifiuti non desiderabili, cioè rifiuti di cibo che possono essere invece consumati dopo la scadenza.
Quindi più in generale cosa possiamo consigliare a tutti, non solo agli studenti, per avere comportamenti individuali più responsabili?
Agli studenti diciamo che la loro sfortuna di trovarsi in un periodo in cui i problemi ambientali sono più evidenti rispetto ad anni fa quando ho iniziato io a studiare questi argomenti, può essere supportata oggi da chiavi interpretative molto più raffinate.
Credo che non ci sia mai stato in precedenza un momento in cui l’impegno dell’Unione Europea verso la transizione verde e verso lo sviluppo sostenibile fosse così intenso. Studiare queste tematiche è molto utile perché questi saranno, almeno in parte, i lavori del futuro.
Un messaggio più ampio per tutti invece, è quello di essere più responsabili nei propri consumi. Ma soprattutto faccio un invito ad informarsi di più sulle caratteristiche dei beni che si consumano e quali sono le conseguenze in termini di impatto ambientale e di quantità di rifiuti prodotti.