un caffè con… Laura Di Renzo

Le abitudini alimentari durante la pandemia

L’Ufficio per lo Sviluppo Sostenibile dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” nell’incontro di Lunedì 1  Giugno  ha avuto il piacere di ospitare Laura Di Renzo, professoressa di Nutrizione Clinica e Nutrigenomica del  Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione e referente RUS per il nostro Ateneo del Gruppo di Lavoro Cibo  che ci ha aiutato a capire le abitudini alimentari e lo stile di vita degli italiani durante il periodo di lockdown, grazie all’esito dell’indagine da Lei condotta su tutto il territorio nazionale a cui hanno preso parte 3500 persone.

A condurre l’intervista la Dott.essa Emanuela Pistilli.

Un “caffè virtuale” di #sostenibilità con la Prof.ssa Laura DI RENZO.

Un “caffè virtuale” di #sostenibilità con la Prof.ssa Laura DI RENZO. "Le abitudini alimentari durante la pandemia".

Pubblicato da Unitorvergata Sostenibile su Lunedì 1 giugno 2020

Professoressa ci può parlare dei risultati della sua ricerca, e di come una buona alimentazione e un buon sonno possano rappresentare una nostra difesa contro il Covid-19?

Questa ricerca nasce con il progetto “Eating habits and lifestyle Changes during COVID-19 lockdown: an Italian survey” sui cambiamenti delle abitudini alimentari e dello stile di vita degli italiani durante il lockdown. Il Progetto da me coordinato nasce come lavoro di equipe del gruppo di ricerca diretto dal prof. Antonino De Lorenzo, Direttore del Dipartimento di Biomedicina e prevenzione.

Il primo passo è stato quello di lanciare una serie di web survey con l’ausilio di vari media e successivamente  anche attraverso la carta stampata, le radio e le televisioni. Questo è servito  per avere un campione omogeneo di italiani rispondenti, ai quali vanno i miei ringraziamenti perché hanno dedicato alla nostra indagine almeno 15-20 minuti del loro tempo durante il lockdown.

La ricerca aveva come obiettivo verificare come uno stato d’ansia dovuto ad un pericolo improvviso dato dalla pandemia, ma anche dalla continua diffusione dei bollettini quotidiani sui dati relativi ai malati ed alle vittime, ed in ultimo dall’obbligo di chiusura in casa, potesse in qualche modo influenzare, non solo lo stato d’animo, ma anche le abitudini alimentari.

Quello che è emerso, con mia sorpresa, è che sulla base dell’indice di massa corporea riferito e sulle sensazioni che molti degli intervistati hanno avuto, soltanto il 48 % è aumentato di peso. Dopo tutto un dato incoraggiante visto che abbiamo sicuramente cambiato la nostra attività motoria, diventando tutti più sedentari, quindi avremmo potuto avere una percentuale ancora maggiore.

Questa era quindi l’idea originaria alla base della nostra ricerca, valutare quanto potesse variare il peso degli italiani durante una situazione di forte stress.

Ma poi, guardando meglio i dati, abbiamo riscontrato che, avendo  perso l’abitudine agli happy hour,  così come agli spuntini, l’offerta quotidiana di una ristorazione fatta di prodotti che denominiamo “Junk Food” ovvero alimenti ultra processati, che contengono calorie “vuote”, quindi senza un valore nutrizionale, ma ricchi solo di calorie che dovremmo spendere con una giusta attività fisica, si è drasticamente ridimensionata.

Quello che abbiamo osservato inoltre è stata una riscoperta delle nostre abitudini in cucina, un dato per altro che abbiamo constatato un po’ tutti guardando Instagram e Facebook.

Improvvisamente mi sono fatta l’idea che fosse scomparsa la celiachia, non certo il malato celiaco, né la malattia di per se, ma la moda del “gluten free”.

Per cui tutti a fare pizza e ad usare la farina. Non è un caso infatti che proprio la farina sia stata uno dei primi alimenti scomparsi dai banchi dei mercati, così come il lievito di birra, diventato poi merce rara. Questo ovviamente perché abbiamo cominciato a panificare in varie forme, dalla  pizza del sabato sera ai dolci.

Anche il consumo di dolci fatti in casa è stata una scelta decisamente migliore del consumo di dolci acquistati fuori, che appunto appartengono a quella categoria di alimenti ultra processati, che non contengono solo zuccheri, ma hanno anche una serie di additivi che abbiamo risparmiato al nostro organismo nel periodo del lockdown, contribuendo al miglioramento della stato nutrizionale a favore di una risposta di immunonutrizione.

Quindi quello che abbiamo sicuramente iniziato a fare, e che mi auguro continueremo nel tempo, è recuperare i nostri prodotti locali, attraverso il consumo di alimenti che abbiamo detto essere più consoni rispetto all’ indice di adeguatezza mediterranea, recuperando quindi la nostra mediterraneità.

In qualche modo abbiamo consumato i prodotti del territorio ed i prodotti di stagione; abbiamo cucinato secondo le ricette della nostra tradizione.

Così facendo possiamo dire che abbiamo ottenuto due benefici, uno legato alla sostenibilità ambientale e l’altro all’aspetto economico, infatti abbiamo anche contribuito a sostenere la nostra economia locale.

In ultimo abbiamo messo in atto una sostenibilità importante per la salute, migliorando  il benessere del nostro microbiota intestinale, che noi sappiamo essere correlato all’insorgenza delle malattie “cronico-degenerative”.

In particolare durante il lockdown, quello che ci interessava era avviare un processo di immunostimolazione [1] . Questo processo è stato aiutato dall’assunzione di frutta di stagione e verdura fresca, ma anche dalla tintarella presa sul balcone nel periodo migliore dell’anno per sintetizzare più vitamina D, che sappiamo essere utile non solo al nostro sistema scheletrico, ma anche per stimolare i processi immunomodulanti.

Sicuramente abbiamo assunto più micronutrienti che hanno svolto un ruolo importante nel concetto di prevenzione alle malattie, in questo caso anche alle malattie virali [2] , ma soprattutto hanno avuto un ruolo nutritivo per il nostro microbiota intestinale .

Infatti, qualcuno ha fatto lo yogurt a casa e bevuto latte acido, ha assunto dei fermenti che hanno contribuito maggiormente all’equilibrio di una eubiosi intestinale.

Tutto ciò in qualche modo ci ha mantenuto in buona salute.

Per quanto riguarda invece le ore di sonno, abbiamo dormito di più, quindi se lo stato d’ansia poteva creare una situazione stressogena, in realtà una buona quota dei rispondenti al nostro questionario ha dormito più di 7 ore, quindi ha aumentato l’abituale ciclo del sonno, che incide sulla crononutrizione.

Questo perchè sappiamo che dormire troppo poco può concorrere al rischio di aumentare di peso. Infatti, sostengo che la dieta inizia con le ore di sonno, e quindi a letto, dormendo almeno 7 ore.

Riguardo gli stili di vita, sempre dalla sua ricerca è emerso che, non solo abbiamo mangiato meglio ma abbiamo anche rafforzato delle abitudini quotidiane molto sostenibili. Potrebbe dirci quali sono?

Abbiamo diviso l’Italia in 3 parti: il nord; il centro e il sud con le isole.

Quello che abbiamo confermato è un dato noto per noi nutrizionisti, cioè che gli abitanti del sud  hanno una composizione del peso corporeo che tende all’obesità in maniera maggiore rispetto al resto d’Italia.

In questa situazione specifica la popolazione del sud si è rivolta per i propri acquisti maggiormente al supermercato. Le regioni del centro e del nord Italia hanno invece mantenuto la loro abitudine di acquisto nei mercati locali e nei negozi di prossimità e c’è circa un 15% di popolazione che si è rivolta al mercato biologico. In questo caso parliamo anche di sostenibilità data dal consumo di prodotti da agricoltura e zootecnica biologica. E comunque là dove si è scelto l’acquisto tramite consegne domiciliari  è sempre stato effettuato attraverso gruppi d’acquisto solidale e territoriale e questo c’è sembrata un buona pratica.

L’altro aspetto sicuramente interessante, che ha fatto molto piacere al collega prof. Alessio D’Amato, è che la popolazione ha imparato in questo periodo a non sprecare il cibo.

Infatti c’è stato più del 50% della popolazione che non ha mai buttato nulla, più del 30% ha almeno per tre volte a settimana  consumato gli avanzi .

Pertanto il discorso del risparmio dato dal riciclo del cibo sembra un punto molto importante che va a vantaggio della nostra sostenibilità e spero non soltanto che venga mantenuta, ma che si possa raggiungere una quota pari al 100% .

Passando invece al ruolo dell’Università in questa “fase 2”, cosa può fare l’Ateneo per il consolidamento delle buone abitudini alimentari e degli stili di vita sostenibili? Quali studi Lei sta portando avanti nel nostro Campus facendo anche parte del Gruppo di Lavoro Cibo della RUS, ovvero della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile?

Sì, personalmente sono la referente della nostra università nel Gruppo di Lavoro Rus Cibo, ed  all’interno dello stesso in  questo momento coordino il sottogruppo “consumi”, dove ci occuperemo proprio  delle modalità di consumo all’interno dei nostri Atenei in questo momento, ma anche post pandemia, cercando di sfruttare quanto imparato da questa fase storica.

Tornando al Gruppo Rus Cibo, abbiamo avviato e condiviso sia all’interno del nostro Ateneo prima, poi con la maggior parte delle Università aderenti al gruppo di lavoro, una web survey, che sarebbe dovuta partire il mese di marzo, ma la cui diffusione è stata rimandata alla riapertura degli Atenei.

L’obiettivo sarà quello di andare ad occuparci delle abitudini alimentari della popolazione universitaria, sia degli studenti che di tutti noi dipendenti, perché quello che ci interessa capire è qual è l’offerta alimentare delle Università e quali sono le iniziative legate al cibo.

Il nostro Ateneo è stato tra i primi a sponsorizzare un progetto per l’acqua pubblica (Progetto Goccia), grazie al quale offriamo alla popolazione universitaria di poter bere l’acqua fornita dai nostri erogatori, riducendo il consumo di plastica monouso e consentendo un risparmio a tutti.

Tor Vergata ha poi gli orti ed un territorio che ci permette e ci permetterà di contribuire alla nostra parte di fornitura alimentare diretta. Il nostro Ateneo non ha le mense, ma comunque approfondiremo cosa si trova nelle mense degli Atenei in cui esse sono presenti; ci occuperemo  dell’offerta di cibo in generale con un focus sui bar; ma anche capiremo se c’è un luogo dove è possibile consumare il cibo, e quindi se sono presenti degli spazi adeguati per la nostra pausa pranzo, o se siamo costretti a mangiare davanti al computer in mezzo alle carte. Anche quest’ultimo aspetto degli spazi svolge un ruolo importante, perché dovrebbe essere fornito un luogo adeguato per il consumo di cibo.

Inoltre tratteremo gli eventi che vengono fatti sul tema del cibo e di come questi  possano essere diffusi con una giusta informazione, formazione ed educazione; cercheremo di sostenere il rilancio della dieta mediterranea [3] , che ci appartiene e che avevamo dimenticato, ma che ci auguriamo invece di aver ritrovato.

E poi gli ultimi due aspetti di cui ci occuperemo, uno legato alla lotta allo spreco e l’altro a contrastare l’obesità [4] , un gravissimo problema che ci affligge. È importante in questo momento perché il soggetto obeso non è soltanto più esposto alle malattie cronico-degenerative, ma è ancora più predisposto ad ammalarsi, e soprattutto una volta che si è ammalato di Covid ha la peggiore ingravescenza della malattia. Questo perché purtroppo il Covid porta ad un’attivazione del sistema infiammatorio che se da un lato serve per proteggerci allo stesso tempo provoca il danno e quindi il peggioramento fino alla morte dell’individuo.

Quindi un’ attenzione particolare va data al peso e quindi alla massa grassa dei nostri studenti e di noi dipendenti tutti.


[1] https://www.europeanreview.org/wp/wp-content/uploads/4062-4063.pdf
[2] https://academic.oup.com/nutritionreviews/article/56/1/S140/1835153
[3] https://feder.bio/wp-content/uploads/2017/11/1523.pdf
[4] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31118060/

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